Parma, 8 novembre 2019 – Sulla prestigiosa rivista scientifica Leukemia è stato pubblicato un importante studio, frutto della collaborazione tra più università, che evidenzia per la prima volta il ruolo del recettore S1P3 della sfingosina 1-fosfato (S1P) nello sviluppo di alcune forme di leucemia mieloide acuta (AML). La ricerca è stata coordinata dal dott. Francesco Potì, ricercatore della Sezione di Farmacologia del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell'Università di Parma.Questa scoperta, risultato di una ricerca durata più di cinque anni, è iniziata nel Laboratorio di Endocrinologia Molecolare del Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze dell’Università di Modena e Reggio Emilia, presso cui Francesco Potì ha prestato servizio fino al dicembre 2015 e con il quale ha continuato a collaborare.“Ho iniziato - è il racconto di Francesco Potì - ad occuparmi dei recettori di S1P molti anni fa a Modena, grazie al progetto FIRB-IDEAS, di cui era Responsabile la prof.ssa Manuela Simoni, sviluppato insieme al prof. Jerzy-Roch Nofer dell’Università di Münster in Germania. S1P è un componente delle HDL, le lipoproteine note come “colesterolo buono”, e il progetto iniziale mirava a studiarne il ruolo nelle malattie cardiovascolari, aterosclerosi in particolare, utilizzando topi transgenici. In modo inatteso, come spesso capita nella ricerca di base, alcuni topi sviluppati ad hoc per essere protetti contro l’aterosclerosi hanno invece mostrato caratteristiche particolarmente rilevanti dal punto di vista ematologico”.Da qui l’idea di indirizzare una parte delle ricerche verso un ambito inatteso per il gruppo di ricerca, coinvolgendo altri tre centri universitari esteri specializzati nell’ematologia clinica e sperimentale, di Friburgo e Heidelberg, in Germania, e di Rotterdam, in Olanda. Il risultato ottenuto dimostra l’importanza delle collaborazioni interdisciplinari e la grande rilevanza della ricerca di base nel generare conoscenze di valore traslazionale.Risultati dello studioS1P3 è un recettore espresso da molte cellule del nostro organismo, funzionando da “sensore” per la molecola S1P. I topi oggetto della ricerca sono stati ingegnerizzati in modo da amplificare questo segnale in alcune cellule del sangue e del sistema immunitario, mostrando caratteristiche patologiche molto simili a quelle di una leucemia umana. Una lunga serie di esperimenti effettuati in laboratorio ha confermato questa ipotesi.Un fattore estremamente interessante è emerso dalle analisi genetiche di circa 400 pazienti con diagnosi di leucemia mieloide acuta (AML). In tale popolazione, infatti, si è riusciti a dimostrare per la prima volta una correlazione molto forte tra l’espressione di S1P3 e l’AML nell’uomo.Infine, lo studio ha aperto la strada a future opportunità terapeutiche: il trattamento con fingolimod, un farmaco attualmente in uso per la sclerosi multipla, capace di agire anche sul recettore S1P3, è stato in grado di migliorare significativamente il quadro patologico, normalizzando le alterazioni indotte nei topi dello studio.