Parma, 12 dicembre 2019 Il gruppo della Nefrologia di Parma, diretta dal prof. Enrico Fiaccadori, ha presentato all’ultimo Congresso della Società Americana di Nefrologia a Washington, tenutosi nei giorni scorsi, numerosi lavori (dieci complessivamente), condotti anche sulla base di collaborazioni esistenti tra il Laboratorio di Immunopatologia Renale del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Parma e prestigiose istituzioni straniere quali la School of Medicine at Mount Sinai di New York, la Columbia University di New York e l’Università Johns Hopkins di Baltimora.

Il Congresso della American Society of Nephrology, che ha visto la partecipazione di 13mila nefrologi provenienti da tutto il mondo, è il più importante Congresso di Nefrologia a livello mondiale, e rappresenta l’occasione più attesa dagli specialisti in campo nefrologico per fare il punto sui più recenti progressi nel campo della diagnosi e della cura delle malattie del rene.

Gli studi presentati, sia sperimentali che clinici, spaziavano dalla nefropatia diabetica, alle malattie autoimmuni come LES e vasculiti, alle malformazioni renali, per arrivare al trapianto di rene. Ilaria Gandolfini e Marco Delsante, dottorandi di Ricerca al Dipartimento di Medicina e Chirurgia e Nefrologi presso la  UO di Nefrologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, hanno trascorso parte del loro percorso formativo, rispettivamente, alla School of Medicine at Mount Sinai di New York nel laboratorio di Immunologia dei Trapianti e all’Università Johns Hopkins di Baltimora nel Dipartimento di Nefropatologia.

Quest’anno hanno presentato i risultati del loro studio sulla correlazione tra un nuovo marcatore non invasivo di rigetto di trapianto renale, la chemochina urinaria CXCL9, e le lesioni istologiche del rigetto acuto mediato da cellule T nel trapianto renale. Questa molecola è facilmente misurabile nelle urine dei trapiantati di rene e potrebbe rappresentare un utile strumento per la diagnosi precoce di rigetto e il monitoraggio non invasivo della risposta alla terapia. Può infatti essere eseguita comodamente in ambulatorio o, addirittura, in un futuro anche a casa del paziente, mediante un semplice stick urinario.

Delsante e Gandolfini hanno dimostrato inoltre come la combinazione di classificazioni istopatologiche quantitative di rigetto cellulare, l’impiego di nuove tecniche di misurazione del danno cronico e l’impiego di biomarcatori non invasivi sia in grado di aumentare l’accuratezza della diagnosi di rigetto, di guidare la terapia immunosoppressiva e di migliorare la prognosi del trapianto di rene.

Chiara Cantarelli, nefrologa contrattista alla Nefrologia di Parma, ha presentato i risultati delle sue ricerche condotte nel laboratorio di Paolo Cravedi alla Icahn School of Medicine all’ospedale Mount Sinai di New York.

In particolare, ha presentato i risultati di uno studio condotto su modello di lupus eritematoso sistemico nel topo, in cui è stata osservata una riduzione del danno renale e cutaneo in risposta al vaccino anti-Pneumococcico (Prevnar13), suggerendone un potenziale effetto benefico sul controllo della malattia in aggiunta alla protezione dall’infezione da pneumococco nei pazienti affetti da questa patologia. Con suoi progetti ha dimostrato, inoltre, il ruolo patogenetico di una componente del sistema immunitario innato, chiamato complemento, nello sviluppo della nefropatia diabetica. Cantarelli ha inoltre mostrato i risultati della caratterizzazione delle cellule immunitarie in pazienti affetti da nefropatia membranosa e da vasculiti ANCA-associate; l’analisi delle sottopopolazioni maggiormente espresse in queste patologie permette di poter identificare le cellule che svolgono un ruolo chiave nello sviluppo e nel mantenimento della malattia e di conseguenza poter individuare possibili nuovi target per la loro terapia.

Sono stati poi illustrati i risultati di studi genetici su ampie popolazioni affette da reflusso vescicoureterale e da malformazioni delle vie urinarie (CAKUT), causa più frequente di malattia renale cronica in età pediatrica, condotti in collaborazione tra la Nefrologia di Parma, la Columbia University, e le Università di Brescia e di Bari. Tali studi hanno consentito di identificare nuovi geni associati a tali patologie renali pediatriche.

Giovanni Maria Rossi, infine, Nefrologo specializzando della Scuola di Specializzazione in Nefrologia dell’Università di Parma, ha partecipato alla presentazione dei dati di due studi ai quali ha collaborato come nefropatologo, uno su lupus eritematoso sistemico in collaborazione con la Nefrologia e la Nefropatologia della Johns Hopkins di Baltimora, ed uno sulla nefropatia diabetica in collaborazione con la Nefropatologia della Johns Hopkins e l’Università di Buffalo: il primo riguardava un’ampia casistica di pazienti con lupus eritematoso sistemico con proteinuria minima; lo studio ha evidenziato come una quota ragguardevole sia affetta da forme severe di nefrite lupica, supportando il razionale clinico per un approccio diagnostico precoce; il secondo riguardava la riproducibilità della classificazione istopatologica della nefropatia diabetica da parte di software basato su machine learning.

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